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Il contributo della Psicologia della Salute ai tempi del COVID-19 nel mondo del Terzo settore: “Grandi Storie In Piccoli Spazi”.

di Elena Argenti, Psicologa Specializzanda in Psicologia della Salute

“I piccoli spazi sono il pianerottolo di casa, la terrazza dove poter guardare cosa ci circonda, le pagine di un libro, le mura di una casa durante il lockdown, ed è proprio in questi luoghi che sono nate tante storie. […]. Sta a noi ricercare la giusta posizione per far sì che nascano sempre più grandi storie”.

                                                                                                                                            (“Grandi Storie In Piccoli Spazi” pp.7)

 

580 consegne di medicinali e spesa e 168 telefonate ricevute, tra sostegno psicologico e telefonia sociale, servizi erogati prevalentemente a favore della popolazione anziana durante il lockdown e la pandemia da COVID-19. Questi sono i dati di chiusura dell’anno 2020 dell’Auser di Terni, un’associazione del Terzo Settore, che si occupa di favorire processi di invecchiamento attivo mediante interventi che mirano a facilitare il vivere quotidiano della persona anziana che abita da sola. In questa organizzazione, che è sostenuta per gran parte grazie all’azione del volontariato, opero in una duplice veste: come addetta all’assistenza di persone anziane, che si esplica nella consegna di generi alimentari, farmaci ed aiuto per disbrigo pratiche, e come psicologa per la formazione e la progettazione di interventi psicosociali, tra cui la realizzazione e il coordinamento di un Cafè Alzheimer. Il punto di forza dell’associazione è la sinergia tra volontari anziani in pensione e giovani ragazzi, nella prospettiva di una costante tensione allo scambio intergenerazionale che nutra una visione sempre rigenerata del tessuto sociale, dove la persona è risorsa e valore aggiunto. Da questo intreccio di persone e dinamiche umane è nata la necessità di realizzare il progetto/libro “Grandi Storie In Piccoli Spazi”, un lavoro pensato insieme, di rete, che ha unito tutti gli ‘attori’, anziani e giovani, dell’organizzazione Auser Terni per dare valore individuale e sociale alla Persona. In questa prospettiva ognuno ha messo una parte di sé in queste pagine, sia concretamente riportando una propria esperienza sia lavorando alla raccolta delle storie degli altri e alla stesura del libro. Da marzo 2020, in tutta Italia, le realtà comunitarie hanno iniziato a ‘muoversi’ con tempi e abitudini che necessitano ancora di essere metabolizzati, ma in questo tumulto le persone sono rimaste di carne ed ossa, emozioni e sentimenti, paure nuove ed antiche, esigenza urgente di rimodulare il modo di entrare in contatto, e ‘storie che avevano bisogno di tessere ancora speranza’.

 

“[…]. Questo lockdown è stato per me come un fulmine che squarcia il cielo, e segna una frattura tra ‘un prima’ con qualche abitudine che dava certezza e ‘un dopo’ ignoto, e poi nel mezzo, lì dove fuoriesce la luce, ‘un presente’ con tanti segnali spesso disorientanti. Ognuno di noi ha reagito e agito come meglio poteva […]”.

      (“Grandi Storie in Piccoli Spazi” pp.11)


I vissuti e le criticità non hanno fatto altro che acuirsi nelle loro manifestazioni. Il ruolo della suddetta associazione e delle persone che al suo interno hanno operato è stato importante perché ha rappresentato per l’utenza un contesto famigliare, sociale e di servizi, che al di fuori non erano pronti e sufficienti. “Lapidarie” sono state le parole di un nostro utente, una mattina, e che riassumono quanto detto sopra: “quello che fate voi per me non me lo farebbero né parenti né amici” (“Grandi Storie in Piccoli Spazi” pp.5). Questa nostra realtà si è mossa nella direzione di promuovere lo sviluppo di una rete interpersonale attiva, rispettosa della diversità, protagonista della propria comunità per quanto possibile per il ruolo che ricopre. Tale esigenza è stata anche mossa dalla consapevolezza delle caratteristiche della popolazione della città di Terni, in cui il progetto ha trovato accoglienza, che conta circa 110.000 abitanti, di cui quasi 30.000 sono over 65 (ISTAT, 2019). In aggiunta, un altro fattore di riflessione è la prevalenza nel territorio di nuclei famigliari monoparentali, sia tra giovani che anziani (ISTAT, 2019), e questo significa che già da prima della pandemia era presente un tessuto sociale a rischio di isolamento, con dinamiche di comunicazione e di auto mutuo aiuto poco efficaci. E noi come realtà che vive in ascolto delle esigenze della popolazione ne eravamo coscienti, perciò con i giusti tempi abbiamo reagito con una proposta che potesse accogliere, per quanto possibile, tale condizione. A partire da questi dati e dalle testimonianze giunte a noi, soprattutto durante questa fase di emergenza (“grazie perché mi avete fatto sentire utile” queste le parole di una nostra utente alla fine di uno scambio telefonico), emergeva un bisogno insoddisfatto: riconoscere la Persona come realtà integrata (biologica, psicologica e sociale), situazione che è stata ulteriormente colpita dalle restrizioni anti-COVID-19 che hanno limitato spostamenti ed incontri, impedito con facilità l’accesso ai servizi.


In questa fotografia di spaccato sociale, come psicologa e come specializzanda in psicologia della salute, mi sono voluta porre nella condizione di capire come intervenire, quale poteva essere il mio contributo, oltre quello materiale che davo al soddisfacimento dei bisogni fisiologici dell’utenza. Alla luce del modello bio-psico-sociale ho cercato di capire come poter rendere attualizzabili i tre pilastri proposti come necessari a tutela di un invecchiamento attivo: la salute, la partecipazione e la sicurezza (OMS, 2002). Infatti, come insegna la letteratura sulla psicologia dell’emergenza (Brymer et al., 2006; Barbato et al., 2006; Shenk D., et al., 2009; Böttche M., et al. 2011) rispetto alla prima fase di intervento che, coerentemente alle esigenze e ai tempi, va a soddisfare bisogni fisiologici quali mangiare e curarsi, così da garantire la sopravvivenza; arrivati ad un certo punto, le richieste saranno anche di tipo economico e psicosociale (Psycho-Social Support in Situations of Mass Emergency, 2001).

La situazione richiederà anche interventi per ‘alimentare’ altri bisogni, ovvero sentirsi utile, appartenere, essere efficaci, essere stimati, e questo ci ha fatto comprendere che stavamo riconoscendo solo una parte della persona, ovvero la sua dimensione biologica. Ma, come detto dal presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi, David Lazzari (2021) in occasione del seminario “Salute e pandemia da COVID-19: la Psicologia tra azioni e riorganizzazioni” (Nota 1), “La salute non è fatta solo di cellule e di virus ma è anche fatta di vissuti, relazioni”.E allora ecco che subentra il valore aggiunto della presenza di uno psicologo della salute nei contesti organizzativi, infatti, la domanda è stata: “Come ci stiamo ponendo rispetto al concetto di persona come realtà integrata?”, e la risposta è stata “Grandi Storie In Piccoli Spazi”.


La metodologia impiegata per strutturare il progetto d’intervento è stata quella della Psicologia di Comunità. Così facendo il fine sarebbe stato quello di arrivare a sviluppare diverse dimensioni: l’empowerment (attivare risorse della persona, del gruppo e della comunità); il lavoro di rete (costruire una rete di relazioni, di servizi istituzionali o assistenziali); le risorse (attenzione focalizzata non sui deficit, sui problemi, ma sulle competenze, sulle capacità, su ciò che può essere utilizzato e valorizzato); il gruppo (approccio che valorizza relazioni, la cooperazione, i sistemi di persone che interagiscono; e la ricerca - azione (Lewin, 1946). In questa visione sistemica, dinamico evolutiva, e co-costruttiva, l’individuo è parte attiva e lo psicologo è il facilitatore di questi processi. A partire da questa serie di considerazioni ha preso forma la direzionalità del progetto.


Per quanto riguarda le attività e le fasi di attuazione, dapprima sono è stata pubblicizzata la possibilità di trovare uno spazio di ascolto che era dedicato ad accogliere storie e testimonianze della popolazione, con una attenzione particolare alle persone anziane. I loro vissuti potevano esprimersi nella forma più congeniale alla propria personalità: con un breve racconto, una poesia, un disegno, una foto, una ricetta. Questa fase è stata gestita da personale pronto all’ascolto, appositamente formato ad interagire con un’utenza anziana. Queste narrazioni sono state raccolte telefonicamente, altre sono arrivate mediante canali online, altre consegnate a mano. In tutte queste occasioni la relazione è stata centrale per favorire uno scambio autentico. Uno spazio importante è stato aperto anche alle storie del personale sanitario nelle strutture protette e alcuni di loro hanno accettato di rilasciare delle brevi interviste. Altri hanno inviato foto della città deserta. Alcuni di noi hanno deciso di scrivere una propria testimonianza, altri hanno partecipato alla raccolta del materiale e alla stesura concreta del libro. Ciò ha favorito uno spazio di incontro e la partecipazione a distanza delle persone alla costruzione e alla sperimentazione di un ‘Noi Comunitario’, abbiamo quindi posto il fattore della mutualità come catalizzatore di Benessere.


Con questo progetto siamo andati oltre un’ottica assistenzialista della persona, per quanto anch’essa importante. Lo psicologo Abraham Maslow (Maslow et al., 1987) insegna che nella piramide dei bisogni umani alla base c’è sicuramente quello biologico, che permette la vita e l’azione, ma poi affinché la persona stia in Salute è fondamentale che soddisfi anche bisogni psicologici come sentirsi parte di qualcosa, sentirsi al sicuro, essere amata/o, avere stima di sé e del proprio senso di efficacia e sentirsi realizzata. Tutto ciò è fondamentale anche per essere capaci di avere e mantenere un proprio ruolo di cittadino, per avere una voce e per saperla sostenere. Si guardi ad esempio allo studio di Salter (1949) sull’assertività e l’importanza della stimolazione sociale e del confronto con l’altro come rafforzamento del proprio agire percepito come efficace. Tutto ciò è garantito dall’approccio dello psicologo della salute che, posizionandosi come facilitatore di processo, è con la persona per promuovere (“muovere verso”) il cambiamento.


La crescita non si realizza mediante un intervento di tipo accrescitivo e assistenzialista ma al contrario facilitando l’accesso alle risorse interne ed esterne dei vari contesti. Come diceva Antonovsky (Antonovsky, 1979; 1987; 1996): “la vita è stare nel fiume”, e coloro che non sanno nuotare non devono e non possono essere ricondotti a riva, ma vanno aiutati per attivare quelle strategie che gli permettano di stare a galla e imparare a nuotare da soli. Questo progetto non vuole essere fine a sé stesso ma un’apertura alla dimensione del dialogo e della possibilità, come base per pensare e ripensare non solo l’invecchiamento ma anche le fragilità sociali che investono diverse generazioni e la tutela dei diritti umani, tra cui rientra anche la capacità di autodeterminarsi.  E in questo senso, autodeterminarsi è la base per guardare al domani. Progettare è guardare al domani, è rapportarsi al futuro con una speranza viva nel momento presente. E la chiave di volta, come ben lo dimostrano le pagine del libro, “Grandi Storie In Piccoli Spazi”, è il Noi, la Comunità. Dobbiamo nutrire la nostra visione del mondo e alimentarla ogni giorno: “è la visione del mondo quella che salva”, come afferma Mario Bertini (Bertini, 2012).


Note

1. Seminario online organizzato dalla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università di Roma Sapienza in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2020/2021. Il seminario è stato il quarto del ciclo di incontri online Conversazioni sulla Salute, promossi dalla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università di Roma Sapienza e proposti come occasione d’incontro e confronto tra ex allievi, oggi specialisti in psicologia della salute, e allievi specializzandi.


Bibliografia

Antonovsky, A. (1979). Health, stress and coping: New Perspectives on Mental and Physical Well-Being. San Francisco: Jossey Bass.

Antonovsky, A. (1987). Unraveling The Mystery of Health - How People Manage Stress and Stay Well, San Francisco: Jossey-Bass.

Antonovsky, A., (1996), “The salutogenic model as a theory to guide health promotion”. In Health Promotion International, 11, 1, pp. 11-18.

AUSER Terni. (2020). Grandi Storie In Piccoli Spazi, Morphema Editore.

Barbato R., Puliatti M., Micucci M. (2006). Psicologia dell’emergenza. Manuale di intervento sulle crisi da eventi catastrofici. Edup, Roma.

Bertini M. (2012). Psicologia della Salute. Raffaello Cortina Editore.

Böttche M., Kuwert P., Knaevelsrud C. (2011). Posttraumatic stress disorder in older adults: An overview of characteristics and treatment approaches. Int J Geriatr Psychiatry.

Kalache A., Gatti A. (2003). Active ageing: a policy framework. Advances in Gerontology. 11:7-18.

ISTAT. 2019

Lewin (1946), Action Research and Minority Problems, in “Journal of Social Issues”, 2 (4), pp. 34-46.

Maslow, A. H., Frager, R., Fadiman, J., McReynolds, C., & Cox, R. (1987). Motivation and personality (3rd). New York.

OMS. (2002). Active ageing. A policy framework. Second United Nations World Assembly on Ageing, Madrid, Spain.

Psycho-Social Support in situations of mass emergency. A European Policy Paper concerning different aspects of psychological support and social accompaniment for people involved in major accidents and disasters. Ministry of Public Health, Brussels, Belgium, 2001, 42 pag. plus annexes.

Salter A. (1949), Conditioned Reflex Therapy. Creative Age Press, New York.

Shenk D., Ramos B., Kalaw K. R., Tufan I. (2009). History, Memory, and Disasters Among Older Adults: A Life Course Perspective. Traumatology; 15; 20.

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