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Oltre lo specchio: da strumento di ferita a veicolo di relazione

di Luisana Rispoli, Psicologa Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia della Salute, lavora con l'età evolutiva ed è Vice Presidente di GenerAzione Salute APS

Nella cultura odierna le scelte alimentari sono circondate da un profondo senso di confusione, sono ormai diffusissimi i modelli di alimentazione disordinati, tuttavia non tutti sfociano in un DCA. La pandemia ha portato un rapido aumento dei disturbi alimentari soprattutto nei giovani, non è un segreto che l'isolamento sociale e il sentirsi intrappolati promuovano un intensa ansia negli esseri umani. In assenza di una reale connessione umana il nostro sistema nervoso si dis-regola e il cibo diviene un facile sostituto poichè utilizza le stesse vie neuropatiche per co-regolarsi.


Lasciamo alle parole romanzate di alcuni giovani pazienti la strada per la ricerca di nuove pepite di veritàsui disturbi alimentari mettendo da parte qualsiasi tipo di pensiero dicotomico e accademico.


P: Buonasera dottoressa


- Buonasera anche a lei...

 

P: Stavolta sono io a chiederle come sta? Non se lo aspettava vero? E invece... Dall'ultima seduta ho capito che se il mio DCA non mi permette di mangiare cibo, almeno posso provare ad alimentarmi con le relazioni. Dovrei ri-Cominciare ad Amarmi. Che dice sembra sensato come acronimo?

 

- Molto ineressante... Ricorda quando pensa di aver smesso di amarsi?


P: Io? Non so nemmeno se ho mai iniziato ad amarmi... Non ricordo nemmeno quando ho iniziato ad identificarmi con il mio peso, non ero più un essere umano, ma un numero, andavo in giro come un vestito appena uscito dal negozio con tanto di etichetta in bellavista... Ma quell'etichetta era sempre troppo grande. Sono cresciuta sentendomi un peso per la mia famiglia... Mentre i miei genitori erano impegnati a costruire la propria carriera, io nella mia stanza provavo a costruire l'immagine di una me falsa e innaturale, più piccola mi facevo meno problemi causavo agli altri...

Mi sono sentita inutile e brutta, tutto ciò che mi accadeva di bello non era reale, non era possibile... Non a me, era solo un caso... Tutta fortuna.


Sto iniziando a capire che il peso che sento, non sono i grammi che ho addosso, ma il peso delle parole che per la me del passato non sono mai state scelte con cura. Nemmeno adesso che il dolore si è fatto più forte si scelgono per me parole accurate, come se io non meritassi uno spreco di energie nella scelta di parole meno pesanti. Ho iniziato a capire troppo tardi che iniziare ad amare una persona che si odia è uno dei gesti più umani che si possa compiere... Ma nessuno ci dice come fare ad amare quando la persona che odi sei te stessa.


Chi mi stava intorno non capiva che divoravo continuamente dolore e che era talmente indigesto che mi costringeva a vomitarlo. La mia testa è ancora intrappolata in forme di me che non vorrebbero esistere o forse che non dovrebbero esistere. Io stessa credo di essere nata per caso, e quindi di non aver nessun diritto ad essere felice. Ad oggi mi addentro in relazioni di cui credo di nutrirmi, ma appena sento che mi ingrassano il cuore provo a scappare per vomitarle.


Sono in continua ricerca del tradimento dell'altro perchè non so dare e non merito affetto. Che poi che cosa bizzarra la parola "affetto". Se sono "affetto da" vuol dire che ho un qualche tipo di malattia, degli affettati non ne parlo nemmeno, mentre se non ho affetto o non so darne significa che sono incapace di dare o ricevere una qualche forma d'amore. E se volessimo andare alla radice, e lei ormai avrà capito che io amo l'etimo delle parole (sarà che le parole che usiamo penso siano state anch'esse bambine incomprese), deriva da afficere che significa impressionare...


E allora mi dica perchè io non debba esserne rimasta impressionata da bambina, quando per me c'erano affettati e non affetto, nemmeno la cura di un decente piatto di pasta, si andava per ristoranti oppure crescevo con merende solitarie a volte anche scadute. Come le merendine, sentivo che anche l'amore dei miei genitori era scaduto, si sa che se non apri gli sportelli della credenza quello che c'è dentro non può essere usato... E quegli sportelli per me erano le baccia dei miei genitori, mai aperte, ed è per questo che ad oggi non saprei dirle cos'è un abbraccio.


L'amore ha una scadenza dottoressa? E se l'amore scade, perchè il dolore è a lunga conservazione? Non merito forse di avere la serenità di una vita tranquilla?!? 


Ho bisogno di coraggio... Il coraggio di lasciare andare le cose che non mi stanno bene, come quelle relazioni con cui credo di saziarmi e invece ci rimango fregata perchè sono solo un palliativo alla paura della dipendenza affettiva. Oggi lo so che è colpa mia che mi appoggio con fare manipolativo alla spalla di molti, come ho fatto con lei all'inizio di questo percorso, con la differenza che lei alle manipolazioni dà una forma mentre negli altri creano un vuoto.


Ha memoria di questo? Mi presentai a lei come un cane infreddolito e tutto bagnato " mi prende in terapia?". Come se la scelta non riguardasse anche me, come se io non dovessi sedermi a tavola insieme a lei, perchè in fondo credevo di non meritare nemmeno i suoi pasti caldi, tanto sarei finita con il vomitarli come tutto il resto. Solo ora capisco che quella richiesta di essere accolti, come per il peso, era il mio ennesimo tentativo di tenere tutto sotto controllo. Ora lo so... So che l'unica cosa che non posso controllare è l'immagine che ci restituisce quel grande illusionista dello specchio e allora se non posso più guardarmi allo specchio vorrei iniziare ad avere il coraggio di guardare il mio riflesso nelle persone.


Devo Cominciare ad Amare.


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